PER UN MEDITERRANEO DI PACE
Il convegno internazionale promosso dalla Fondazione Giovanni
Paolo II sul ruolo dei singoli, delle città e dei popoli nel
promuovere il dialogo in un'area affascinante e tribolata.
31 maggio 2011
Sono stati molti i giovani,
provenienti da 30 Paesi, che hanno partecipato al
convegno internazionale di Firenze. Per agevolarne la
presenza sono state messe a disposizione circa 100 borse
di studio. |
Sono stati molti i giovani, provenienti da 30
Paesi, che hanno partecipato al convegno internazionale di Firenze.
Per agevolarne la presenza sono state messe a disposizione circa 100
borse di studio.
Il Mediterraneo comprende anche le Nazioni che, pur non
affacciandosi sulle sue coste, interagiscono con questo mare, da
sempre punto di riferimento nel dialogo tra le culture e le
religioni. E’ stata questa l’idea alla base del convegno
internazionale "Il Mediterraneo e le città; prospettive economiche,
culturali e spirituali tra le città e i popoli del Mediterraneo",
svoltosi a Firenze dal 15 al 17 maggio, promosso dalla Fondazione
Giovanni Paolo II, con il sostegno della Regione Toscana e dell’Ente
Cassa di Risparmio di Firenze, in collaborazione con molte realtà
accademiche, ecclesiali e istituzionali italiane e europee.
Il convegno ha visto la partecipazione di 300 persone, provenienti
da oltre 50 Paesi. L’idea di Mediterraneo allargato si fonda sulle
intuizioni di Giorgio La Pira, a lungo sindaco da Firenze, fino ai
primi colloqui mediterranei con i quali egli si diceva convinto di
abbattere i muri che allora dividevano l’Europa e il mondo,
promovendo una cultura del dialogo e dell’amicizia come primo
irrinunciabile passo per la costruzione di una pace stabile, fondata
sulla giustizia. Nel promuovere i colloqui mediterranei la
Fondazione Giovanni Paolo II, come ha ricordato anche di recente
monsignor Luciano Giovannetti, presidente della Fondazione, ha
tenuto conto dell’esperienza di La Pira. Al tempo stesso la
Fondazione ha avvertito la necessità di rilanciare il ruolo di
Firenze e della Toscana, dove la Fondazione è profondamente
radicata, dal momento che nasce dall’esperienza di aiuto al Medio
Oriente da parte delle diocesi di Fiesole e di
Montepulciano-Chiusi-Pienza.
Con questo spirito è stato pensato il convegno internazionale, con
un’attenzione particolare ai giovani, nella consapevolezza che ogni
riflessione, ogni progetto, ogni gesto per il dialogo e per la pace
nel Mediterraneo debbano coinvolgere i giovani, che rappresentano il
futuro e, in molti Paesi del Mediterraneo, anche il presente, come
hanno dimostrato le recenti rivolte che hanno portato a tanti
cambiamenti nel mondo arabo. Per questo sono state messe a
disposizione quasi 100 borse di studio che hanno reso possibile la
partecipazione di giovani studenti e studiosi, di confessioni
cristiane e religioni diverse, da oltre 30 Paesi, con interessi e
formazioni molti diversi tra di loro.
Il francescano padre Ibrahim
Faltas, della Custodia di Terra Santa e vicepresidente
della Fondazione Giovanni Paolo II, interviene al
convegno internazionale di Firenze. |
Il francescano padre Ibrahim Faltas, della
Custodia di Terra Santa e vicepresidente della Fondazione Giovanni
Paolo II, interviene al convegno internazionale di Firenze.Il
convegno si è articolato in cinque sessioni: “Il mare del dialogo”,
“Le città del Mediterraneo”, “Culture e religioni nel Mediterraneo”,
“Il mare dell’accoglienza” e “Il futuro del Mediterraneo”. Nei due
giorni si sono succeduti numerosi interventi di diplomatici, come il
rappresentante dell’Unione Europea presso la Santa Sede, Yves Gazzo,
uomini politici, amministratori pubblici, come il presidente della
Regione Marche Gian Mario Spacca, il sindaco di Bari, Michele
Emiliano, e il sindaco di Sarajevo, Alij Behmen, rappresentanti
delle Chiese cristiane, come monsignor Aldo Giordano, osservatore
permanente della Santa Sede presso il Consiglio di Europa, studiosi
del Mediterraneo, testimoni e costruttori del dialogo, come il
francescano padre Ibrahim Faltas della Custodia di Terra Santa e
monsignor Jean Benjamin Sleiman, arcivescovo di Baghdad dei latini.
Proprio sul futuro del dialogo per la pace, da costruire ogni
giorno, ha insistito l’intervento del presidente della Regione
Toscana, Enrico Rossi, che ha sottolineato l’importanza di procedere
sulla strada indicata già da La Pira, per favorire l’incontro tra
città e popoli in modo da rimuovere ogni tipo di «paura». Il
presidente ha ricordato che la Toscana ha alle spalle una lunga
esperienza di impegno per il dialogo, e ha avanzato la proposta di
ospitare a Firenze gli incontri tra israeliani e palestinesi per la
pace in Medio Oriente, invitando la Fondazione Giovanni Paolo II a
dare continuità a questa esperienza, sapendo di poter contare sul
sostegno della Regione da lui presieduta.
Il Mediterraneo e le
città
Prospettive economiche, culturali e spirituali tra le città e i
popoli del Mediterraneo
«Coraggio e al lavoro, il mio Spirito sarà con
voi, non temete»: con queste parole, riprese dal profeta Aggeo,
mons. Luciano Giovannetti, presidente della Fondazione Giovanni
Paolo II, ha concluso il Convegno Internazionale Il Mediterraneo
e le città. Prospettive economiche, culturali e spirituali tra le
città e i popoli del Mediterraneo (Firenze, 15-17 maggio).
Il convegno, promosso dalla Fondazione Giovanni Paolo II, con il
sostegno economico della Regione Toscana e dell'Ente Cassa di
Risparmio di Firenze, in collaborazione con molte realtà
accademiche, ecclesiali e istituzionali italiane e europee, ha visto
la partecipazione di 300 persone, provenienti da oltre 50 paesi non
solo dai paesi del Mediterraneo, dal momento che, fin dalle prime
fasi della definizione del progetto, si è inteso il Mediterraneo
come un area vasta comprendendo quei paesi che pur non affacciandosi
sulle sue coste interagiscono con questo mare che ha sempre
rappresentato un punto di riferimento nel dialogo tra le culture e
le religioni. In questa scelta pesava la riflessione contemporanea,
ma soprattutto le intuizioni di Giorgio La Pira, a lungo sindaco da
Firenze, che era stato il promotore di una serie di incontri
internazionali a Firenze, fino ai primi colloqui mediterranei con i
quali egli si diceva convinto di abbattere i muri che allora
dividevano l'Europa e il mondo, promovendo una cultura del dialogo e
dell'amicizia come primo irrinunciabile passo per la costruzione di
una pace stabile, fondata sulla giustizia.
L'esperienza dei colloqui mediterranei pensati, voluti e guidati da
La Pira rappresenta un patrimonio straordinario tanto più che la
memoria di questi primi incontri è ancora tanto viva nel bacino del
Mediterraneo, nonostante l'ultimo incontro presieduto da La Pira
risalga al 1965. Nel promuovere i colloqui mediterranei la
Fondazione Giovanni Paolo II, come ha ricordato anche di recente
mons. Giovannetti, ha tenuto conto dell'esperienza di La Pira, pur
nella convinzione che essa fosse irripetibile perché unico era
l'uomo al quale si doveva la profetica intuizione di chiamare a
Firenze uomini e donne di schieramenti politici e di religioni
diverse per trovare forme di dialogo. Al tempo stesso la Fondazione
avvertiva la necessità di rilanciare il ruolo di Firenze e della
Toscana, dove la Fondazione è profondamente radicata, nascendo
dall'esperienza di aiuto al Medio Oriente delle diocesi di Fiesole e
di Montepulciano-Chiusi-Pienza, tenendo conto soprattutto delle
parole rivolte da Giovanni Paolo II ai vescovi della Toscana, in
occasione della visita ad limina, il 13 giugno 1986: quel giorno il
beato Giovanni Paolo II aveva detto che «senza Firenze e la Toscana
il mondo sarebbe diverso e oggi apparirebbe umanamente più povero».
Con questo spirito è stato pensato il Convegno internazionale Il
Mediterraneo e le città, con un'attenzione particolare ai giovani,
nella consapevolezza che ogni riflessione, ogni progetto, ogni gesto
per il dialogo e per la pace nel Mediterraneo dovessero vedere
coinvolti pienamente i giovani, che rappresentano il futuro, ma, in
molti paesi del Mediterraneo, anche il presente, come hanno
dimostrato chiaramente le recenti rivolte che hanno portato a tanti
cambiamenti nel Mediterraneo.
Il Convegno si è articolato in cinque sessioni: Il mare del
dialogo, Le città del Mediterraneo, Culture e religioni nel
Mediterraneo, Il mare dell'accoglienza e Il futuro del Mediterraneo.
Ogni sessione era introdotta da un presidente, al quale era stato
chiesto di presentare una serie di questioni legate al tema in
discussione, lasciando poi all'ultimo oratore, non solo di trarre le
conclusioni di quanto era stato detto nei singoli interventi, ma di
prospettare possibili percorsi per dare una concreta attualizzazione
sul piano della ricerca scientifica e della collaborazione
quotidiana.
Nei due giorni si sono così succeduti numerosi interventi di
diplomatici, come il rappresentante dell'Unione Europea presso la
Santa Sede, Yves Gazzo, e l'ambasciatore del Marocco presso lo Stato
Italiano, Hassan Abouyoub, e quello dell Armenia, Rouben Karapetian,
uomini politici, come il senatore Vannino Chiti e l'onorevole Rocco
Buttiglione, amministratori pubblici, come il presidente della
Regione Marche Gian Mario Spacca, il sindaco di Bari, Michele
Emiliano e il sindaco di Sarajevo, Alij Behmen, rappresentanti delle
Chiese cristiane, come mons. Aldo Giordano, osservatore permanente
della Santa Sede presso il Consiglio di Europa, e Emanuel de France,
presidente del Consiglio delle Chiese Europee, e delle religioni
come il rabbino Marc Schneier del World Jewish Congress e il rabbino
Marc Raphaël Guedj di Ginevra e come l'iman di Firenze Elizir
Izzedin, presidente dell'UCOII, studiosi del Mediterraneo, come
Franco Rizzi, segretario generale dell'Unione delle Università del
Mediterraneo, Maurizio Oliviero dell'Università del Mediterraneo,
Lucio Caracciolo, direttore della rivista Limes, e Sari Nusseibeh
della Al Quds University, e testimoni e costruttori del dialogo,
come il padre francescano Ibrahim Faltas della Custodia di Terra
Santa e mons. Jean Benjamin Sleiman, arcivescovo di Baghdad dei
latini, solo per citare alcuni tra i molti che hanno condiviso
riflessioni e speranze sul presente e sul futuro del Mediterraneo,
in clima di grande attenzione e fraternità.
Riccardo Burigana
I Colloqui Mediterranei a Firenze, rinnovate prospettive di
dialogo
di Emanuela Ulivi e Giulia Brugnolini 8
giugno 2011
“O gente, vi abbiamo creato uomini e donne affinché vi conosciate a
vicenda” recita il Corano; tra le sette piaghe d’Egitto, raccontate
nella Bibbia, la più dolorosa è ritenuta essere il buio, inteso come
egoismo, incapacità di vedere l’altro. Si può notare come i testi
sacri delle tre religioni monoteiste abbiano radici comuni
nell’importanza del dialogo.
Dialogo cui né il
processo di Barcellona né l’Unione per il
Mediterraneo hanno saputo dare risultati concreti. E al quale sono
stati dedicati i “Colloquia Mediterranea” promossi a Firenze dalla
Fondazione Giovanni Paolo II presso l’Istituto degli Innocenti dal
15 al 17 maggio, cui, oltre alle autorità locali, sono intervenuti
tra gli altri gli ambasciatori di Marocco, Iraq, Serbia, il
vicepresidente del Senato Vannino Chiti, il sindaco di Sarajevo
Alija
Behmen, il direttore del “Centro per il dialogo” islamo-cristiano
Mustafa Cenap Aydin, il rabbino capo della comunità ebraica di Roma
Riccardo Di Segni, il francescano Ibrahim Faltas della Custodia di
Terra Santa, i docenti Franco Cardini e Khaled Fouad Allam, il
rettore dell’Università araba di Gerusalemme Sari Nusseibeh, gli
eurodeputati Lapo Pistelli e David Sassoli, l’onorevole
Rocco
Buttiglione, la portavoce Nazioni Unite per i rifugiati Laura Boldrini. Il presidente dell’Unione delle Comunità Islamiche in
Italia Izzedin Elzir che, come anche il rabbino di Firenze Joseph
Levi, ha testimoniato la storia di un dialogo interreligioso nella
città di La Pira. Tre giorni nei quali sono stati analizzati i termini di una
prospettiva realistica per riconoscersi in uno spazio
euromediterraneo, il Mare Nostrum, a partire dalle città, capisaldi
e crocevia di culture, religioni, scambi commerciali, da Belgrado a
Recife a Baghdad.
Dialogo dettato da urgenze nuove e da radici antiche. Alla fine
degli anni ’50 la crisi algerina e il conflitto mediorientale si
imposero nell’agenda politica mondiale e in particolare dei Paesi
della sponda Nord del Mediterraneo. Il sindaco di Firenze Giorgio La
Pira si fece allora interprete dell’istanza di pacificazione
lanciando attraverso i “Colloqui Euromediterranei” un ponte
spirituale tra l’Occidente cristiano, i Paesi arabi ed Israele sulla
base delle radici comuni delle tre religioni abramitiche, per
riscoprire anche quei valori condivisi sui quali erigere una nuova
stagione di relazioni tra i popoli e tra gli stati. Le rivolte, o
come viene definita “la primavera araba” dei nostri giorni, la
domanda di libertà e di giustizia sociale talvolta pagata a caro
prezzo, gli immigrati che ogni giorno raggiungono le nostre coste,
interpellano di nuovo lo spirito e la coscienza dell’Europa,
chiamata a dare risposte culturali e politiche che non possono
prescindere dai valori etici e religiosi né da una storia comune. E
a mettere da parte le paure.
Interpellano tanto le
genti del Libro quanto la politica che deve
architettare una nuova diplomazia, corrispondendo alle istanze che
derivano dalla società che è anche spazio di un unico Dio, di tre
religioni che si sono costituite attorno agli stessi concetti.
Spazio di convivenza e altrettanto teatro della divisione dei
cristiani, del dolore delle guerre. Dove si spende moltissimo per
gli armamenti e nel quale la religione potrebbe rischiare di essere
usata o che si faccia usare per scontri di civiltà che non servono a
nessun, essa deve invece riaffiorare in tutta la sua portata, senza
commistioni tra religione e politica, è stato sottolineato,
concorrendo a riconoscere l’altro in tutta la sua dignità di essere
umano se si vuole instaurare seriamente un dialogo.
A fronte della domanda di democrazia reale e non formale com’è stata
finora in alcuni Paesi arabi –spesso paravento di regimi totalitari
avallati dall’Europa in quanto ritenuti argini al fondamentalismo-,
è stato riaffermato che l’Islam non è incompatibile con la
democrazia. Piuttosto la richiesta di libertà e di giustizia sociale
impone ai Paesi europei una rivisitazione dei propri atteggiamenti e
una riflessione sulla propria identità peraltro tributaria
dell’apporto culturale e religioso dei Paesi mediterranei. Proprio l’europeismo avrebbe, ha evidenziato il direttore di
Limes Lucio Caracciolo, contribuito ad un atteggiamento antimediterraneo
cementificato da secoli, del quale Shengen è un esempio nel momento
in cui abbattendo le frontiere interne all’Europa ne crea
altrettante all’esterno. L’Italia, coi suoi 8.ooo chilometri di
coste bagnate dal Mediterraneo, ha più di altri l’opportunità nel
ricostruire un circuito mediterraneo, cominciando, ad esempio, a
interloquire coi Paesi interessati a instaurare rapporti di libero
scambio –visto che la Free Trade Area che avrebbe dovuto essere
avviata nel dicembre 2010, non è stata realizzata- e affrontando in
modo diverso la questione della cittadinanza, ora basata sullo
jus sanguinis. Con uno sguardo all’economia interna che potrebbe
spingere ad una realistica politica dell’immigrazione.
Si è parlato di
partenariato delle differenze, di nuovo umanesimo,
di sinfonia di voci e sono state lanciate delle proposte come la
creazione di un comitato permanente che approfondisca le modalità
del dialogo tra le tre religioni. Il presidente della Regione
Toscana Enrico Rossi ha anche annunciato la creazione di uno
specifico ufficio per il Mediterraneo per sviluppare “efficaci
dispositivi di cooperazione economica coinvolgendo il sistema
Toscana nella sua interezza”. Iniziative tutte quante cui hanno fatto da sfondo le esperienze
dirette di alcuni dei settantasette borsisti originari di ventisei
Paesi mediterranei e non, coi loro racconti di ascolto e scambio,
col loro istinto di apertura. Fornendo un primo assaggio di quella
che potrebbe essere l’odierna casa del Califfo di Baghdad, luogo di
incontro di tutte le confessioni, di speculazioni filosofiche, di
dialogo. I molteplici propositi emersi dall'iniziativa non potranno tuttavia
avere prospettive concrete senza la speranza ma soprattutto il
coraggio necessari, proprio come ha sottolineato il presidente della
fondazione Giovanni Paolo II a conclusione del convegno.
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