DOPO IL CONVEGNO

CORRIERE TOSCANA del 18 maggio 2011

TOSCANA OGGI del 22 maggio 2011

TOSCANA OGGI del 29 maggio 2011

PER UN MEDITERRANEO DI PACE (31 maggio)

IL MEDITERRANEO E LE CITTÀ

I COLLOQUI MEDITERRANEI A FIRENZE


PER UN MEDITERRANEO DI PACE

Il convegno internazionale promosso dalla Fondazione Giovanni Paolo II sul ruolo dei singoli, delle città e dei popoli nel promuovere il dialogo in un'area affascinante e tribolata.

31 maggio 2011

Sono stati molti i giovani, provenienti da 30 Paesi, che hanno partecipato al convegno internazionale di Firenze. Per agevolarne la presenza sono state messe a disposizione circa 100 borse di studio.

Sono stati molti i giovani, provenienti da 30 Paesi, che hanno partecipato al convegno internazionale di Firenze. Per agevolarne la presenza sono state messe a disposizione circa 100 borse di studio.

Il Mediterraneo comprende anche le Nazioni che, pur non affacciandosi sulle sue coste, interagiscono con questo mare, da sempre punto di riferimento nel dialogo tra le culture e le religioni. E’ stata questa l’idea alla base del convegno internazionale "Il Mediterraneo e le città; prospettive economiche, culturali e spirituali tra le città e i popoli del Mediterraneo", svoltosi a Firenze dal 15 al 17 maggio, promosso dalla Fondazione Giovanni Paolo II, con il sostegno della Regione Toscana e dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, in collaborazione con molte realtà accademiche, ecclesiali e istituzionali italiane e europee.

Il convegno ha visto la partecipazione di 300 persone, provenienti da oltre 50 Paesi. L’idea di Mediterraneo allargato si fonda sulle intuizioni di Giorgio La Pira, a lungo sindaco da Firenze, fino ai primi colloqui mediterranei con i quali egli si diceva convinto di abbattere i muri che allora dividevano l’Europa e il mondo, promovendo una cultura del dialogo e dell’amicizia come primo irrinunciabile passo per la costruzione di una pace stabile, fondata sulla giustizia. Nel promuovere i colloqui mediterranei la Fondazione Giovanni Paolo II, come ha ricordato anche di recente monsignor Luciano Giovannetti, presidente della Fondazione, ha tenuto conto dell’esperienza di La Pira. Al tempo stesso la Fondazione ha avvertito la necessità di rilanciare il ruolo di Firenze e della Toscana, dove la Fondazione è profondamente radicata, dal momento che nasce dall’esperienza di aiuto al Medio Oriente da parte delle diocesi di Fiesole e di Montepulciano-Chiusi-Pienza.

Con questo spirito è stato pensato il convegno internazionale, con un’attenzione particolare ai giovani, nella consapevolezza che ogni riflessione, ogni progetto, ogni gesto per il dialogo e per la pace nel Mediterraneo debbano coinvolgere i giovani, che rappresentano il futuro e, in molti Paesi del Mediterraneo, anche il presente, come hanno dimostrato le recenti rivolte che hanno portato a tanti cambiamenti nel mondo arabo. Per questo sono state messe a disposizione quasi 100 borse di studio che hanno reso possibile la partecipazione di giovani studenti e studiosi, di confessioni cristiane e religioni diverse, da oltre 30 Paesi, con interessi e formazioni molti diversi tra di loro.
 

Il francescano padre Ibrahim Faltas, della Custodia di Terra Santa e vicepresidente della Fondazione Giovanni Paolo II, interviene al convegno internazionale di Firenze.

Il francescano padre Ibrahim Faltas, della Custodia di Terra Santa e vicepresidente della Fondazione Giovanni Paolo II, interviene al convegno internazionale di Firenze.Il convegno si è articolato in cinque sessioni: “Il mare del dialogo”, “Le città del Mediterraneo”, “Culture e religioni nel Mediterraneo”, “Il mare dell’accoglienza” e “Il futuro del Mediterraneo”. Nei due giorni si sono succeduti numerosi interventi di diplomatici, come il rappresentante dell’Unione Europea presso la Santa Sede, Yves Gazzo, uomini politici, amministratori pubblici, come il presidente della Regione Marche Gian Mario Spacca, il sindaco di Bari, Michele Emiliano, e il sindaco di Sarajevo, Alij Behmen, rappresentanti delle Chiese cristiane, come monsignor Aldo Giordano, osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio di Europa, studiosi del Mediterraneo, testimoni e costruttori del dialogo, come il francescano padre Ibrahim Faltas della Custodia di Terra Santa e monsignor Jean Benjamin Sleiman, arcivescovo di Baghdad dei latini.

Proprio sul futuro del dialogo per la pace, da costruire ogni giorno, ha insistito l’intervento del presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, che ha sottolineato l’importanza di procedere sulla strada indicata già da La Pira, per favorire l’incontro tra città e popoli in modo da rimuovere ogni tipo di «paura». Il presidente ha ricordato che la Toscana ha alle spalle una lunga esperienza di impegno per il dialogo, e ha avanzato la proposta di ospitare a Firenze gli incontri tra israeliani e palestinesi per la pace in Medio Oriente, invitando la Fondazione Giovanni Paolo II a dare continuità a questa esperienza, sapendo di poter contare sul sostegno della Regione da lui presieduta.


Il Mediterraneo e le città
Prospettive economiche, culturali e spirituali tra le città e i popoli del Mediterraneo

«Coraggio e al lavoro, il mio Spirito sarà con voi, non temete»: con queste parole, riprese dal profeta Aggeo, mons. Luciano Giovannetti, presidente della Fondazione Giovanni Paolo II, ha concluso il Convegno Internazionale Il Mediterraneo e le città. Prospettive economiche, culturali e spirituali tra le città e i popoli del Mediterraneo (Firenze, 15-17 maggio).
Il convegno, promosso dalla Fondazione Giovanni Paolo II, con il sostegno economico della Regione Toscana e dell'Ente Cassa di Risparmio di Firenze, in collaborazione con molte realtà accademiche, ecclesiali e istituzionali italiane e europee, ha visto la partecipazione di 300 persone, provenienti da oltre 50 paesi non solo dai paesi del Mediterraneo, dal momento che, fin dalle prime fasi della definizione del progetto, si è inteso il Mediterraneo come un area vasta comprendendo quei paesi che pur non affacciandosi sulle sue coste interagiscono con questo mare che ha sempre rappresentato un punto di riferimento nel dialogo tra le culture e le religioni. In questa scelta pesava la riflessione contemporanea, ma soprattutto le intuizioni di Giorgio La Pira, a lungo sindaco da Firenze, che era stato il promotore di una serie di incontri internazionali a Firenze, fino ai primi colloqui mediterranei con i quali egli si diceva convinto di abbattere i muri che allora dividevano l'Europa e il mondo, promovendo una cultura del dialogo e dell'amicizia come primo irrinunciabile passo per la costruzione di una pace stabile, fondata sulla giustizia.
L'esperienza dei colloqui mediterranei pensati, voluti e guidati da La Pira rappresenta un patrimonio straordinario tanto più che la memoria di questi primi incontri è ancora tanto viva nel bacino del Mediterraneo, nonostante l'ultimo incontro presieduto da La Pira risalga al 1965. Nel promuovere i colloqui mediterranei la Fondazione Giovanni Paolo II, come ha ricordato anche di recente mons. Giovannetti, ha tenuto conto dell'esperienza di La Pira, pur nella convinzione che essa fosse irripetibile perché unico era l'uomo al quale si doveva la profetica intuizione di chiamare a Firenze uomini e donne di schieramenti politici e di religioni diverse per trovare forme di dialogo. Al tempo stesso la Fondazione avvertiva la necessità di rilanciare il ruolo di Firenze e della Toscana, dove la Fondazione è profondamente radicata, nascendo dall'esperienza di aiuto al Medio Oriente delle diocesi di Fiesole e di Montepulciano-Chiusi-Pienza, tenendo conto soprattutto delle parole rivolte da Giovanni Paolo II ai vescovi della Toscana, in occasione della visita ad limina, il 13 giugno 1986: quel giorno il beato Giovanni Paolo II aveva detto che «senza Firenze e la Toscana il mondo sarebbe diverso e oggi apparirebbe umanamente più povero».
Con questo spirito è stato pensato il Convegno internazionale Il Mediterraneo e le città, con un'attenzione particolare ai giovani, nella consapevolezza che ogni riflessione, ogni progetto, ogni gesto per il dialogo e per la pace nel Mediterraneo dovessero vedere coinvolti pienamente i giovani, che rappresentano il futuro, ma, in molti paesi del Mediterraneo, anche il presente, come hanno dimostrato chiaramente le recenti rivolte che hanno portato a tanti cambiamenti nel Mediterraneo.
Il Convegno si è articolato in cinque sessioni: Il mare del dialogo, Le città del Mediterraneo, Culture e religioni nel Mediterraneo, Il mare dell'accoglienza e Il futuro del Mediterraneo. Ogni sessione era introdotta da un presidente, al quale era stato chiesto di presentare una serie di questioni legate al tema in discussione, lasciando poi all'ultimo oratore, non solo di trarre le conclusioni di quanto era stato detto nei singoli interventi, ma di prospettare possibili percorsi per dare una concreta attualizzazione sul piano della ricerca scientifica e della collaborazione quotidiana.
Nei due giorni si sono così succeduti numerosi interventi di diplomatici, come il rappresentante dell'Unione Europea presso la Santa Sede, Yves Gazzo, e l'ambasciatore del Marocco presso lo Stato Italiano, Hassan Abouyoub, e quello dell Armenia, Rouben Karapetian, uomini politici, come il senatore Vannino Chiti e l'onorevole Rocco Buttiglione, amministratori pubblici, come il presidente della Regione Marche Gian Mario Spacca, il sindaco di Bari, Michele Emiliano e il sindaco di Sarajevo, Alij Behmen, rappresentanti delle Chiese cristiane, come mons. Aldo Giordano, osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio di Europa, e Emanuel de France, presidente del Consiglio delle Chiese Europee, e delle religioni come il rabbino Marc Schneier del World Jewish Congress e il rabbino Marc Raphaël Guedj di Ginevra e come l'iman di Firenze Elizir Izzedin, presidente dell'UCOII, studiosi del Mediterraneo, come Franco Rizzi, segretario generale dell'Unione delle Università del Mediterraneo, Maurizio Oliviero dell'Università del Mediterraneo, Lucio Caracciolo, direttore della rivista Limes, e Sari Nusseibeh della Al Quds University, e testimoni e costruttori del dialogo, come il padre francescano Ibrahim Faltas della Custodia di Terra Santa e mons. Jean Benjamin Sleiman, arcivescovo di Baghdad dei latini, solo per citare alcuni tra i molti che hanno condiviso riflessioni e speranze sul presente e sul futuro del Mediterraneo, in clima di grande attenzione e fraternità.

Riccardo Burigana


I Colloqui Mediterranei a Firenze, rinnovate prospettive di dialogo
di Emanuela Ulivi e Giulia Brugnolini

8 giugno 2011
O gente, vi abbiamo creato uomini e donne affinché vi conosciate a vicenda” recita il Corano; tra le sette piaghe d’Egitto, raccontate nella Bibbia, la più dolorosa è ritenuta essere il buio, inteso come egoismo, incapacità di vedere l’altro. Si può notare come i testi sacri delle tre religioni monoteiste abbiano radici comuni nell’importanza del dialogo.

Dialogo cui né il processo di Barcellona né l’Unione per il Mediterraneo hanno saputo dare risultati concreti. E al quale sono stati dedicati i “Colloquia Mediterranea” promossi a Firenze dalla Fondazione Giovanni Paolo II presso l’Istituto degli Innocenti dal 15 al 17 maggio, cui, oltre alle autorità locali, sono intervenuti tra gli altri gli ambasciatori di Marocco, Iraq, Serbia, il vicepresidente del Senato Vannino Chiti, il sindaco di Sarajevo Alija Behmen, il direttore del “Centro per il dialogo” islamo-cristiano Mustafa Cenap Aydin, il rabbino capo della comunità ebraica di Roma Riccardo Di Segni, il francescano Ibrahim Faltas della Custodia di Terra Santa, i docenti Franco Cardini e Khaled Fouad Allam, il rettore dell’Università araba di Gerusalemme Sari Nusseibeh, gli eurodeputati Lapo Pistelli e David Sassoli, l’onorevole Rocco Buttiglione, la portavoce Nazioni Unite per i rifugiati Laura Boldrini. Il presidente dell’Unione delle Comunità Islamiche in Italia Izzedin Elzir che, come anche il rabbino di Firenze Joseph Levi, ha testimoniato la storia di un dialogo interreligioso nella città di La Pira.

Tre giorni nei quali sono stati analizzati i termini di una prospettiva realistica per riconoscersi in uno spazio euromediterraneo, il Mare Nostrum, a partire dalle città, capisaldi e crocevia di culture, religioni, scambi commerciali, da Belgrado a Recife a Baghdad.
Dialogo dettato da urgenze nuove e da radici antiche. Alla fine degli anni ’50 la crisi algerina e il conflitto mediorientale si imposero nell’agenda politica mondiale e in particolare dei Paesi della sponda Nord del Mediterraneo. Il sindaco di Firenze Giorgio La Pira si fece allora interprete dell’istanza di pacificazione lanciando attraverso i “Colloqui Euromediterranei” un ponte spirituale tra l’Occidente cristiano, i Paesi arabi ed Israele sulla base delle radici comuni delle tre religioni abramitiche, per riscoprire anche quei valori condivisi sui quali erigere una nuova stagione di relazioni tra i popoli e tra gli stati. Le rivolte, o come viene definita “la primavera araba” dei nostri giorni, la domanda di libertà e di giustizia sociale talvolta pagata a caro prezzo, gli immigrati che ogni giorno raggiungono le nostre coste, interpellano di nuovo lo spirito e la coscienza dell’Europa, chiamata a dare risposte culturali e politiche che non possono prescindere dai valori etici e religiosi né da una storia comune. E a mettere da parte le paure.

Interpellano tanto le genti del Libro quanto la politica che deve architettare una nuova diplomazia, corrispondendo alle istanze che derivano dalla società che è anche spazio di un unico Dio, di tre religioni che si sono costituite attorno agli stessi concetti. Spazio di convivenza e altrettanto teatro della divisione dei cristiani, del dolore delle guerre. Dove si spende moltissimo per gli armamenti e nel quale la religione potrebbe rischiare di essere usata o che si faccia usare per scontri di civiltà che non servono a nessun, essa deve invece riaffiorare in tutta la sua portata, senza commistioni tra religione e politica, è stato sottolineato, concorrendo a riconoscere l’altro in tutta la sua dignità di essere umano se si vuole instaurare seriamente un dialogo.

A fronte della domanda di democrazia reale e non formale com’è stata finora in alcuni Paesi arabi –spesso paravento di regimi totalitari avallati dall’Europa in quanto ritenuti argini al fondamentalismo-, è stato riaffermato che l’Islam non è incompatibile con la democrazia. Piuttosto la richiesta di libertà e di giustizia sociale impone ai Paesi europei una rivisitazione dei propri atteggiamenti e una riflessione sulla propria identità peraltro tributaria dell’apporto culturale e religioso dei Paesi mediterranei.

Proprio l’europeismo avrebbe, ha evidenziato il direttore di Limes Lucio Caracciolo, contribuito ad un atteggiamento antimediterraneo cementificato da secoli, del quale Shengen è un esempio nel momento in cui abbattendo le frontiere interne all’Europa ne crea altrettante all’esterno. L’Italia, coi suoi 8.ooo chilometri di coste bagnate dal Mediterraneo, ha più di altri l’opportunità nel ricostruire un circuito mediterraneo, cominciando, ad esempio, a interloquire coi Paesi interessati a instaurare rapporti di libero scambio –visto che la Free Trade Area che avrebbe dovuto essere avviata nel dicembre 2010, non è stata realizzata- e affrontando in modo diverso la questione della cittadinanza, ora basata sullo jus sanguinis. Con uno sguardo all’economia interna che potrebbe spingere ad una realistica politica dell’immigrazione.

Si è parlato di partenariato delle differenze, di nuovo umanesimo, di sinfonia di voci e sono state lanciate delle proposte come la creazione di un comitato permanente che approfondisca le modalità del dialogo tra le tre religioni. Il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi ha anche annunciato la creazione di uno specifico ufficio per il Mediterraneo per sviluppare “efficaci dispositivi di cooperazione economica coinvolgendo il sistema Toscana nella sua interezza”.

Iniziative tutte quante cui hanno fatto da sfondo le esperienze dirette di alcuni dei settantasette borsisti originari di ventisei Paesi mediterranei e non, coi loro racconti di ascolto e scambio, col loro istinto di apertura. Fornendo un primo assaggio di quella che potrebbe essere l’odierna casa del Califfo di Baghdad, luogo di incontro di tutte le confessioni, di speculazioni filosofiche, di dialogo.

I molteplici propositi emersi dall'iniziativa non potranno tuttavia avere prospettive concrete senza la speranza ma soprattutto il coraggio necessari, proprio come ha sottolineato il presidente della fondazione Giovanni Paolo II a conclusione del convegno.